10 maggio 2011

Non dire quella parola

Nell'oscuro mondo della pubblicità di casa nostra esiste una parola magica che, per colpa di un malvagio incantesimo, se pronunciata evoca immediatamente un'inquietante presenza. La parola è "Istituzionale". Se avete coraggio, provate a dirla e vedrete se non ho ragione: non appena l'avrete fatto, di fronte a voi apparirà il mostro a lei indissolubilmente legato: il terribile Pippone. 

Il Pippone non ti sbrana, ma si siede accanto a te mentre stai lavorando alla campagna che vorrebbe essere come quella parola di cui sopra, influenzando i tuoi pensieri in modo nefasto. Sulle note di una musica adeguatamente noiosa, comincerà a suggerire direttamente al tuo cervello, con la voce commossa di uno speaker soffione, una tale caterva di banalità, di frasi trite e ritrite capace di stordire un bufalo. Più o meno sempre le stesse, sia che si parli di una banca, di un marchio automobilistico, di un produttore di elettricità o di una linea di biscotti.

La cosa grave è che tu non te ne accorgerai. Il Pippone ti incanterà con la sua nenia ipnotica e con le sue immagini formalmente ineccepibili ma prive di anima, dandoti la sciagurata sensazione di stare elaborando concetti nuovi, intelligenti e soprattutto umani, molto umani. Inconsapevolmente, penserai che la riscoperta delle  cose fatte come si facevano una volta, la natura incontaminata, gli affetti e le amicizie al ralenty, i flashback famigliari degli anni '60, i valori quelli veri o l'antimodismo in nome del sobrismo siano tutti parte di una tua straordinaria invenzione, la cui dirompente carica emotiva rivoluzionerà il mondo della comunicazione.

Purtroppo è solo un'illusione. Quando a cose fatte tornerai a ragionare, ti troverai davanti a trenta secondi di puro Pippone, e ti si ghiaccierà il sangue nelle vene. Ora è successo in Lorenzo Marini Group, ma può capitare a chiunque. O quasi.

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